Oggi italiano, matematica e sesso...
Oltre al provvedimento anti bullismo il ministero dell'Istruzione sta pensando come regolamentare i corsi di educazione affettiva e sessuale nelle scuole.
Mercoledì scorso il Consiglio dei ministri ha approvato, oltre al piano “anti bullismo” di cui ho scritto qui la settimana scorsa, anche un disegno di legge che vuole rimettere ordine affettivo tra i banchi di scuola.
Tra le misure previste: il consenso obbligatorio dei genitori per corsi sull’educazione sessuale e affettiva.
Andiamo con ordine. L’educazione sessuale e affettiva – che nei Paesi nordici è parte integrante della scuola da decenni, come la neve e i maglioni a collo alto – in Italia è ancora materia facoltativa, extracurricolare, un po’ come il corso di mandolino del martedì pomeriggio. Le scuole che decidono di proporla devono chiamare esperti esterni, spesso provenienti da associazioni o ong. E adesso, se questo disegno di legge diventerà legge a tutti gli effetti, servirà prima l’ok del collegio docenti, poi quello del consiglio di istituto. E infine il benestare firmato dei genitori.
L’idea del “consenso informato” arriva appunto dal centro destra che da sempre vede in questi corsi una minaccia, una sorta di cavallo di Troia arcobaleno.
Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha spiegato che il materiale, gli obiettivi e le modalità dovranno essere illustrati ai genitori con chiarezza, trasparenza e magari anche con una grafica gradevole. Se mamma e papà non approvano, niente panico: i ragazzi faranno un’altra attività. Una supplenza del buonsenso? Forse.
Il disegno di legge aggiunge un paletto in più per le elementari: lì si parlerà solo di biologia e riproduzione. Niente affettività, niente relazioni. Un approccio che sa un pò’ di enciclopedia Motta edizione 1974.
Certo, il problema non è vietare: è capire. E capire che parlare con i ragazzi di sesso e affetti non significa rovinarli, ma prepararli. Esattamente come si fa insegnando l’educazione stradale o l’uso responsabile della tecnologia. Perché oggi si cresce a colpi di Google, TikTok e “l’ho sentito da un amico”. E la scuola, invece, dovrebbe offrire altro: chiarezza, ascolto, competenza. Con o senza il timbro della politica.
In attesa che il Parlamento prenda in mano la pratica – e magari ci metta un po’ di coraggio – restano le domande: possiamo parlare ai nostri figli di tutto tranne che di ciò che li riguarda più da vicino?
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Hello Kitty.
Piuttosto che.
Equazioni.
E adesso si prega!